Il tavolo della natura - Gli esperimenti "spontanei"
Le esperienze di Prisca Melucco e Francesca Traverso
La fase degli “esperimenti spontanei” può essere molto breve e scivolare via senza essere percepita, ma essa rappresenta un momento prezioso nel processo di maturazione del rapporto tra il bambino e i fenomeni che avvengono intorno a lui. Quasi un passaggio essenziale nel suo ruolo di stimolatore di interessi, di domande e di risposte.
Cosa intendiamo per esperimenti spontanei?
Tutti quei cambiamenti che avvengono sul tavolo della natura… non per nostra volontà.
Avvengono, ma noi non li abbiamo programmati.
Avviene qualcosa in una pianta, …facciamo qualcosa e, senza volerlo, questo determina dei cambiamenti, ... avviene una trasformazione: spuntano nuove foglie o dei fiori, la pianta aumenta in altezza... la luce del sole gioca un ruolo… l’acqua che diamo ne gioca un altro… e così avvengono fatti, avvengono piccole modifiche… che non ci aspettavamo, ma che possiamo cogliere.
Non sono, quindi, dei veri esperimenti (un’ipotesi di lavoro e delle attività volte a verificare l’ipotesi), ma costituiscono dei cambiamenti pronti per essere percepiti.
È proprio nell’accorgersi di essi da parte dei bambini, nella scoperta del cambiamento, un primo, grande risultato.
La scoperta del cambiamento spontaneo è il punto di partenza di un percorso misterioso, tutto interiore, che sfocia nella curiosità verso il fenomeno che si è scoperto e nella ricerca della sua spiegazione: nasce così, anche, la curiosità verso il mondo naturale, questa molla straordinaria dell’uomo ad osservare e capire.
La curiosità può diventare interesse, poi cura e poi amore verso la natura. Il compito vero del tavolo e della vita che si svolge su di esso è proprio questo: far aprire gli occhi sulla realtà che ci circonda e far nascere una curiosità che non si appaga.
E, ancora di più.
Dalla curiosità di capire come e perché è avvenuto un cambiamento, può nascere l’esperimento vero, la formulazione di una ipotesi e l’eventuale azione sul materiale per verificarla (una pianta appassisce; forse ha bisogno di acqua; diamogliela e vediamo se riprende vigore).
Proprio in questa fase è rischioso l’intervento dell’insegnante, se non lascia spazio alla formulazione di ipotesi, se fornisce ai bambini, già chiara e scontata, la sua “lettura” dell’avvenimento e… di conseguenza, del ciò che è opportuno fare.
Provi l’insegnante a dare tempo; si metta in ascolto; limiti o misuri il suo intervento. Pazienti ed osservi.
Altro aspetto dell’esperimento spontaneo è la percezione che il cambiamento avviene nel tempo: c’è stato un prima (la pianta rigogliosa); c’è un presente (la pianta che appassisce); ci sarà un futuro (la pianta, opportunamente rifornita di acqua, forse riprenderà vigore).
Gli esperimenti spontanei come termometro
L'attenzione nei bambini agli esperimenti spontanei è, nella nostra esperienza (di Francesca, per la lunga consuetudine con le attività del tavolo nella sua classe, e di Prisca, per la varietà di tavoli introdotti e seguiti nelle scuole, anche non Montessori) è un vero e proprio termometro della vitalità del tavolo, quasi del suo stato di "salute".
Se cercare le cause che possono aver determinato un effetto è un patrimonio che sentiamo connaturato in noi adulti, per i bambini la percezione di un rapporto tra cause ed effetti è una acquisizione difficile e delicata. Gli esperimenti spontanei del tavolo della natura sono un potente incubatore di questa maturazione, che si sviluppa attraverso una catena di piccoli passi.
Nei primi tempi di avvio del tavolo l’attenzione del bambino si rivolge soprattutto agli oggetti che man mano arrivano. Nella fase della raccolta c’è da osservare sensorialmente cose nuove, oggetti spesso strani, c’è da valutarne gli elementi che li caratterizzano, c’è da confrontare e catalogare forme, dimensioni, pesi, colori. Basta dare uno sguardo al tavolo, ogni mattina, per accorgersi se è presente qualcosa di nuovo (vedi rinforzi).
Se nell’osservazione dei primi oggetti è presente una curiosità che viene catturata da ciò che più appare insolito, successivamente l’interesse si fa mano mano più consapevole, più denso per le piccole informazioni accumulate, più avvertito o cosciente di interrogativi che emergono dal fluire delle osservazioni e dei commenti dei compagni.
L’arricchimento della raccolta continua … finché, improvvisamente, un bambino si accorge di un cambiamento…e lo verbalizza: Guarda, che è successo a…?
Non subito, anzi difficilmente, i bambini si domandano: Perché?
La percezione di ciò che si modifica e la ricerca delle cause del cambiamento sono passaggi obbligati per l’acquisizione della capacità di osservare, che è fondamento della capacità di ragionare.
La costruzione del pensiero “scientifico” ha qui le sue radici, in un bambino che si accorge di un cambiamento imprevisto e giunge ad interrogarsi su ciò che può averlo determinato. Comincia ad assaporare la soddisfazione di una risposta, a sentire il bisogno di porre una ulteriore domanda.
L'intervento dell'insegnante
Anche per l’insegnante gli “esperimenti spontanei” sono un “termometro”! Una prova della sua montessorianeità.
A lei basta uno sguardo per accorgersi del cambiamento e intuirne le cause; vorrebbe dire: venite a vedere bambini! Vorrebbe spiegare, informare… ma si trattiene!
Lascia ai bambini la scoperta, permette, dandone il tempo, di tirar fuori le loro osservazioni, lascia spazio alle loro ipotesi…
Il tavolo carico di oggetti da quel momento in poi diventa dinamico, diventa una voce: qui la vita continua…qui avvengono situazioni…qui…se tu fai gli “occhietti furbi”, puoi scoprire!
Questo è possibile solo se l’insegnante è stata capace di sostenere (vedi i rinforzi) l’iniziale interesse alla raccolta e all’osservazione. E poi attendere, attendere, attendere… senza l’ansia del dover dare “conoscenza”, senza fretta che i bambini raggiungano dei risultati tangibili.
Qui entra veramente in gioco la sua capacità di essere profondamente montessoriana ( il che non dipende tanto dalla conquista di uno specifico diploma, quanto dall’aver fatta propria la fiducia che Maria Montessori aveva nel bambino e nelle sue potenzialità).
E se i bambini sbagliano?
Se si avviano verso ipotesi strampalate?
Non deve l’insegnante correggere e dare le informazioni giuste, incanalando e guidando verso la conoscenza?
Ci sarà tempo per l’informazione e tempo per l’istruzione.
In questa fase dello sviluppo del bambino l’insegnante ha un compito straordinariamente importante: creare un ambiente che permetta al bambino di sviluppare esperienze e, conseguentemente, e di maturare la propria attenzione verso i fenomeni naturali. Un primo piccolo passo per arrivare a sentirsi, come dice la Montessori, parte di un tutto.
Un intervento di orientamento è senz’altro possibile ed auspicabile, ma (scusate l’insistenza) … a gocce, per non inibire sul nascere un meraviglioso e fecondo processo di sviluppo intellettivo carico di curiosità e di interesse.
Perché esperimenti spontanei
Quasi una forzatura. Infatti, la parola esperimento presuppone una ipotesi iniziale che viene verificata dall’esito dell’esperimento stesso e quindi l’esperimento non può essere spontaneo in quanto è stato programmato.
Chiamare esperimento spontaneo il fenomeno che avviene sul tavolo della natura e di cui il bambino si accorge forzatamente questo accostamento vuole essere un messaggio rivolto agli insegnanti che vorranno cimentarsi in questo percorso.
Vuol essere:
-
un invito a lasciare tempo e spazio alla scoperta spontanea e all’elaborazione di interrogativi;
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una contrapposizione agli esperimenti tipo “seme nell’ovatta” dove è già tutto predisposto e guidato;
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un invito a lasciare, senza timore, anche delle situazioni senza risposta…la ricerca intorno a quell’interrogativo irrisolto rimarrà presente nella mente dei bambini e sarà come aver depositato un piccolo seme …
L’esperimento spontaneo è però anche un vero “esperimento”, perché l’insegnante predispone il tavolo della natura e incoraggia le osservazioni in modo che si inneschi la curiosità, il desiderio di “capire”, fino a fare ipotesi e a verificarle.
Se ciò accade il tavolo della natura ha svolto il suo compito!
Naturalmente, siamo consapevoli che le fasi del tavolo della natura, così come le stiamo descrivendo, rappresentano uno schema di riferimento rivolto all’insegnante. Ogni “tavolo” ha il suo percorso, che sarà meno lineare rispetto allo schema.
Alcune piccole storie
Come raccontare i tanti episodi di cui è costellata la vita quotidiana intorno al tavolo della natura e che rappresentano esempi più o meno significativi della dinamica di scoperta e di attivazione della curiosità?
Abbiamo scelto di narrarli così, nella loro semplicità e immediatezza, l’uno separato dall’altro, perché, di fatto, nella nostra quotidianità sono stati dei piccoli passaggi…come tante “perle del rosario” (come si dice dalle parti di Francesca, in quel di Vicenza).
La gerbera
Un giorno il piccolo Mattia si è presentato a scuola con una pianta: una gerbera molto bella e fiorita che ha scelto di mettere vicino alla finestra.
Dopo qualche giorno, nonostante la nostra cura nell'annaffiarla, proprio Mattia notò che un fiore era appassito. Tutti i giorni i bambini andavano ad osservare la gerbera e si rendevano conto che effettivamente, giorno dopo giorno, i fiori appassivano e le foglie si raggrinzivano; ad un certo punto su una di esse abbiamo anche scoperto che si era formata una patina bianca: la muffa!
I bambini hanno iniziato a domandarsi perché la pianta non stesse bene, finché uno di loro ha dato una risposta che sembrò convincente: “questa pianta vuole uscire in giardino, proprio come me”.
Abbiamo quindi deciso di metterla sul davanzale della finestra all’esterno ed effettivamente, dopo aver buttato giù tutti i fiori vecchi, pian piano ha cominciato a gettare nuove foglie.
Da qui l'idea di creare un'aiola per i fiori su un piccolo pezzo di terra vicino all’ingresso.
Devo confessare che, di nascosto, ho aiutato la pianta con un poco di concime!
La foglia di tifa
Il fatto di avere la scuola in un piccolo borgo, immerso nel verde della campagna, aiuta i bambini che la frequentano ad essere spesso a contatto con la natura (per chi ha occhi per vedere).
Una mattina Elia portò a scuola un bello stelo di tifa (typha) con due foglie attaccate.
E’ stata osservata per il suo portamento elegante e decorativo per l’aula.
E’ piacevole accarezzare la tifa ma…dopo un po’ di carezze e complice il calore della classe è avvenuto un mutamento: la tifa è scoppiata spargendo i semi.
Lo stupore di questa trasformazione repentina ha aperto molti interrogativi che non hanno trovato ancora soluzione.
Comunque nel nostro tavolo abbiamo conservato almeno un foglia per poter ricordare la tifa e la piacevole sensazione tattile.
Il tulipano viola
In classe dell’insegnante Loretta (http://lnx.montessoriinpratica.it/web/content/il-giardino-di-archimede-v...), in occasione dei festeggiamenti per i 10 anni dall’apertura della scuola, le classi erano state abbellite con diversi vasetti di fiori recisi.
Un vasetto con un tulipano viola e uno giallo, era stato appoggiato sul mobile della geografia che si trova lontano dalla finestra, un po’ dietro ad una colonna.
Naturalmente, dopo la festa, i fiori erano rimasti nelle classi e così anche i nostri tulipani.
Passati due giorni un bambino, mentre dipingeva sulla parete dall’altra parte della colonna, si accorse che il tulipano … lo stava guardando. Infatti il tulipano viola, e non quello giallo, ora sporgeva con evidenza da dietro ala colonna.
È stato spontaneo domandarsi perché …cosa aveva spinto il tulipano viola e non l’altro a piegarsi.
C’è chi ha anche suggerito che il tulipano viola era più curioso… ma poi un bambino è andato dietro alla colonna e, mettendosi nella posizione del tulipano rosa: Cerca il sole! Ha dichiarato soddisfatto.
Tutti hanno voluto provare e tutti sono stati d’accordo: effettivamente, da dietro la colonna non si poteva vedere il sole.
I due fiori sono stati accuditi amorosamente. Ogni giorno veniva tagliato un pezzetto di gambo e cambiata l’acqua. Ogni giorno erano meta di visite, commenti ed emozioni per il tulipano che voleva più luce.
A metà della seconda settimana il tulipano tranquillo ha cominciato a perdere i petali…poi, una mattina, non si è trovato più nulla: i tulipani e il vasetto non c’erano più.
Era successo che anche al nostro tulipano viola cominciavano a cadere i petali e qualcuno ha ritenuto doveroso togliere quel disordine!
Per incanalare la delusione, la maestra Loretta ha proposto ai bambini di scrivere insieme la storia del tulipano che voleva più luce.
La campanula
La nostra ausiliaria Giovanna ci ha portato un giorno una pianta di campanula con tanti fiori lilla.
L'attenzione dei bambini è stata subito catturata da alcuni fiori che erano cresciuti più degli altri e li hanno annusati per sentirne il profumo, ma hanno scoperto che non ne avevano.
La pianta è stata sistemata in classe in bella vista sopra il tavolo della natura e i bambini si sono presi cura di lei provvedendo ad innaffiarla.
Ogni giorno ci regalava un fiore nuovo, ma, dopo una decina di giorni, al rientro dal week end, un bambino ha subito notato, preoccupato, che qualcosa non andava: erano appassiti due fiori.
Subito avrei voluto spiegare che per il fiore è normale appassire, così la pianta può preparare un bocciolo nuovo, ma mi sono trattenuta… ho solo suggerito di togliere i fiori passiti, che sono stati riposti in un cestino…per l’osservazione.
La pianta ha continuato a fare fiori che dopo un po’ appassivano.
Presto, nessuno si preoccupò che ciò fosse il segnale di deperimento, visto che per alcuni fiori che appassivano altri, nuovi, venivano formati. Fu evidente che il caso della campanula era ben diverso da quello della gerbera!
Il bocciolo di rosa
Un bambino ha portato a scuola un bocciolo di rosa reciso.
Lo abbiamo messo in un vasetto con l’acqua, avendo cura, ogni giorno, di cambiare l’acqua e togliere un pezzetto di gambo. Alla fine il gambo era diventato corto corto, ma il bocciolo era ancora bello e l'abbiamo tenuto.
Un bambino però ha messo troppa acqua e questa è arrivata a toccare i petali che sono marciti e sono diventati marroni.
Subito i bambini se ne sono accorti e il loro commento è stato: “il bocciolo di rosa è diventato brutto! Il bocciolo di rosa è morto!
Ho quindi suggerito loro di portarlo in giardino perché potesse contribuire, dopo averci dato tanta gioia, ad aiutare qualche altra pianta rilasciando le sue sostanze alla terra.
Il fungo
Alla base delle piante tagliate del giardino della scuola crescono a cicli alcuni tipi di funghi che puntualmente attraggono la curiosità e l’operosità dei bambini.
Un venerdì mattina arrivò sul tavolo uno di questi funghi…aveva un buon odore, venne sistemato in una ciotola trasparente e diventò motivo di conversazione.
Al nostro ritorno a scuola, trovammo però una sorpresa…il fungo era diventato molto più piccolo e intorno a lui c’erano tanti piccolissimi ospiti bianchi che si muovevano come se seguissero il ritmo di qualche strana musica caraibica.
La situazione interessò molto: Se lo stanno mangiando? Ma che sono? Da dove vengono? Sono pericolosi? Fanno schifo!
Decidemmo che c’era chi poteva essere interessato al fungo con tutti i suoi animalini e portammo la ciotolina con il contenuto alle galline del vicino.
La mela
Da giorni, c’era in classe una mela che doveva essere utilizzata per fare l’esercizio del tagliare, nella zona di vita pratica.
Girovagava dal vassoio alla mensola, dalla mensola al tavolo, dal tavolo della natura allo scaffale…insomma questa mela non trovava pace! Un giorno, durante il momento della merenda, due bambini erano rimasti senza frutta.
Era troppo complicato in quel momento mandare il cameriere dalla cuoca e, così, decisi di tagliare quella mela che da giorni “gironzolava per la classe”.
Quando la tagliai, vidi una cosa che non avevo mai visto prima: un seme della mela aveva il germoglio.
Tutti osservarono con stupore e anche contentezza quel seme che voleva per forza nascere!
Decidemmo di metterlo in un vasetto con la terra.
La speranza che il piccolo seme riuscisse a farcela era grande e, per un pochi giorni, il germoglio continuò a svilupparsi … ma poi non ebbe più la forza di continuare la sua crescita.
Ora ci è rimasto un libretto con la storia del Seme che voleva nascere … un interrogativo a cui non abbiamo dato risposta… e, anche, una particolare attenzione quando tagliamo le mele.
Il vasetto
Una mattina Marta arrivò a scuola tenendo saldamente con due mani un vasetto di coccio nel quale c’era della terra smossa.
Marta sorrideva e con molta serietà mi disse: “Osserva bene…ci sono tre piantine”! Guardai con molta attenzione e individuai tre piccolissimi puntini verdi.
Sono semi di trifoglio che abbiamo seminato nel nostro piccolo giardino - spiegò la mamma - e Marta ha voluto seminarne un po’ nel vasetto da portare a scuola. Trovammo un posto giusto per il vasetto, che diventò meta di visite.Trovammo un posto giusto per il vasetto, che diventò meta di visite.
Le minuscole piantine crescevano sotto gli sguardi attenti di tutti, ma… al rientro a scuola dopo un fine settimana, trovammo le fragili piantine seccate del tutto.
L’esperienza acquisita dai bambini di toccare la terra prima di innaffiare le nostre piante in classe li guidò subito verso la soluzione di cosa poteva essere successo: la terra era secca, secca.
Quindi l’acqua che avevamo dato non era stata sufficiente!
Eravamo dispiaciuti e fu proprio Marta a consolarci proponendo di rifare la semina.